La soffice e morbida spuma generata dalle piccole perle che scaturiscono dal cristallino calice di spumante affascina ed evoca meravigliose fantasie, scomodiamo la storia per capire quando ha origine questa meravigliosa bevanda.
I vini frizzanti naturali, spumosi o mordenti, sono conosciuti sin dai tempi più antichi, certamente la difficoltà nel passato era la loro perfetta conservazione, onde evitare con recipienti poco idonei di disperdere la preziosa anidride carbonica.

In epoca Romana i vini spumanti più apprezzati furono “l’aigleucos” e “il proptropum”, una conferma della produzione di vini frizzanti c’è data dal ritrovamento, negli scavi archeologici di Pompei, di anfore contenute in un cunicolo dove si poteva far scorrere dell’acqua per raffreddare il mosto in fermentazione e ottenere il vino frizzante.
Nel Millequattrocento si hanno testimonianze in Toscana di un trebbiano mordente, agli inizi del Cinquecento il veronese Girolamo Fracastoro (1479-1553), ricorda in un suo scritto “Fumanti coppe ricche di spuma”. Il famoso medico di Papa Sisto V, Andrea Bacci, alla fine del Cinquecento, nella sua opera “De Naturali Vinorum Historia” parla dei vini spumosi definendoli “dilettosamente mordenti, di soave odore e spumanti per auree bollicine qualore si mescano e versino nei bicchieri”. Il Bacci cita un vino della provincia di Pavia “piccante, spumoso, limpido, saporoso” prodotto con l’uva “pignola”.

E’ alla fine del Seicento, con lo Champagne che inizia l’era spumantistica più importante e decisiva nella produzione di questa meraviglia. In quell’epoca, nella zona della Champagne, vi fu una grave crisi e i viticultori dovettero escogitare un sistema per evitare di vendere il loro vino sfuso e ad un prezzo stracciato, così si misero a produrre vino spumante, come del resto avevano già iniziato a fare alcuni commercianti di Londra che acquistavano il vino sfuso in Champagne e poi lo rendevano spumante, con l’aggiunta di zucchero e di spezie quali la cannella e i chiodi di garofano. Non vogliamo togliere alcun primato all’abate Dom Perignon che probabilmente è stato tra i primi a codificare la complessa metodologia per ottenere un ottimo spumante ma sicuramente furono i viticultori della Champagne ad applicare il metodo di spumantizzazione che oggi chiamiamo “classico”.
In Italia la preparazione dello spumante secondo il metodo “classico o champenois” all’inizio dell’Ottocento, era ancora alle prime esperienze e solo a fine secolo si possono annotare i veri progressi nell’applicazione della tecnica spumantistica grazie a personaggi come il Pollaci con il “Moscadelletto di Montalcino” spumante, Strucchi e Zecchini con il “Moscato di Canelli” e Carpené con il Prosecco.

Agli inizi del Novecento, il professor Martinotti della Stazione sperimentale di Asti elaborò un sistema per agevolare le complesse operazioni manuali occorrenti per la spumantizzazione, con l’impiego di un unico e grande recipiente metallico a tenuta di pressione denominato autoclave, ciò naturalmente scatenò le ire dei cultori del metodo Champenois.
L’Oltrepò Pavese, grazie al suo terroir ed alle immense potenzialità del Pinot nero, alla migliore espressione del suo Metodo Classico e del Cruasè rappresenta il consolidamento di una stupenda e lungimirante intuizione e la proiezione di un grande progetto finalizzato alla qualità e all’immagine.

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