Maria Carolina d’Austria
Maria Carolina d’Austria

Durante il regno borbonico in sud Italia, durato dal 1734 al 1861, si diffuse tra le cucine delle famiglie nobili una nuova figura professionale, diversa dal semplice cuoco: il monsù (o monzù). Si racconta che Maria Carolina d’Austria, sorella di Maria Antonietta, quando andò in sposa a re Ferdinando I di Borbone, sovrano del Regno delle Due Sicilie, non amando la cucina partenopea che considerava poco degna della corte, chiese alla sorella Maria Antonietta di inviarle i suoi raffinati cuochi francesi.

Questi cuochi riuscirono a fondere la cucina francese con quella partenopea rendendo la prima più semplice e leggera e arricchendo e spettacolarizzando la seconda. I cuochi napoletani cominciarono ad essere istruiti da quelli francesi acquisendo cultura e tecniche che li distinguevano dagli altri cuochi, nominati di “paglietta”. Questa nuova tipologia di capo cuoco venne inizialmente chiamato Monsieur, perché il nome francese donava prestigio e venne poi storpiato in monzù. Avere un monsù celebre era, per una casata aristocratica, motivo di vanto e orgoglio, tanto che non mancavano duelli per potersi accaparrare i servigi di queste celebrità. Il titolo di monsù era talmente prestigioso che veniva tramandato di padre in figlio. Tra le celebri dinastie di Monzù a Napoli si distinsero i Pallino, il cui vero cognome era Micera, i Polisano e i Piccolo.

Il Gattopardo di Luchino Visconti, 1963
Il Gattopardo di Luchino Visconti, 1963

Derivano probabilmente dalle influenze francesi i nomi di diversi piatti tradizionali napoletani come il ragù, (italianizzazione del ragout), il gattò di patate (dai gateaux d’oltralpe), il sartù di riso, i crocchè e i babà. Anche nella letteratura italiana sono presenti figure importanti di monsù: ne “I Vicerè” di Federico De Roberto spicca la figura di Monsù Martino, assunto dagli Uzeda qualche anno prima del fatidico 1860; nel “Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa troviamo lo splendido «pran pron» di Monsù Gaston con cui si annunzia l’arrivo in tavola del celebre timballo di maccheroni in crosta servito a Donnafugata.

Grazie alla figura dei monsù, molti dei quali lasciarono Napoli per seguire all’estero i loro padroni, al fenomeno dell’emigrazione italiana e all’apertura dei porti ad intensi scambi commerciali, è stata favorita nei secoli la diffusione e la conoscenza della cucina napoletana nel mondo.

 

 

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